venerdì 15 aprile 2011

Tutto ciò che c'è da sapere sui dolcificanti artificiali

Dolcificanti sì? Dolcificanti no? Dolcificanti forse?

Fanno bene? Fanno male? Fanno venire il cancro? Fanno ingrassare esattamente come lo zucchero?

Sono tanti e più che leciti gli interrogativi che accompagnano questa classe di sostanze. Il passaparola e la disinformazione non aiutano: Quante volte versando la vostra bustina di dolcificante nel caffè vi siete sentiti dire: " Ma la cugina della sorella della figlia della nuora del mio fidanzato, che è MEDICO! mi ha detto che il dolcificante è cancerogeno!!"

Ovviamente difficilmente si hanno le conoscenze per rispondere a tono a certe critiche assolutamente scorrette, quindi, facendoci aiutare dalle fonti più autorevoli in circolazione, ovvero l'EFSA, la FDA e pubblicazioni presenti su pubmed, vediamo di smentire una volta per tutte le varie "leggende metropolitane" attribuite ai dolcificanti in commercio.

Ovviamente molti studi sono ancora in corso e alcune opinioni sono ancora discordanti, ma in 30 anni di studi e sperimentazioni qualcosa di certo già c'è.

Innanzitutto bisogna differenziare i DOLCIFICANTI NATURALI dai DOLCIFICANTI ARTIFICIALI.

I primi comprendono il Saccarosio (il comune zucchero da cucina) , il Fruttosio (lo zucchero presente nella frutta, leggermente meno calorico del saccarosio), il Glucosio, il Sorbitolo, lo Xilitolo (questi ultimi due sono polialcoli comunemente utilizzati nei chewingum e forniscono 2,4 kcal/100g ), la Glicina, il Lattosio (Zucchero contenuto nel latte,leggermente meno calorico del saccarosio), la Stevia (Molto in voga in questo periodo, praticamente acalorica , estratta da una pianta perenne della famiglia dei crisantemi. Secondo alcuni studi è tra 110 e 270 volte più dolce del saccarosio, Considerando il contenuto medio degli estratti, risulterebbe che una foglia fresca, o un quarto di cucchiaino di foglie essiccate, corrispondono a un cucchiaio di zucchero ) e la Monellina (proteina dal sapore dolce estratta da una bacca e commercializzata solo in giappone).

I secondi sono invece sono ottenuti per via sintetica o semisintetica e sono l' Acesulfame K, l'Aspartame, La Saccarina, Il Sucralosio, il Maltitolo e L'Isomalto.

E' di questa seconda classe che mi occuperò cominciando a fare l'"identikit" di ogni rappresentante:
ACESULFAME K




Tra tutti è sucuramente il più temuto, sarà per il nome che ricorda lo zolfo (e quindi il demonio!!) sarà per quella k in fondo, che fa molto "laboratorio di chimica" (La k infatti sta proprio a indicare il potassio), sta di fatto che l'acesulfame non va giù proprio a nessuno.

Informazioni generali: Ha un potere dolcificante pari a 200 volte quello del saccarosio, uguale a quello dell'aspartame e pari a metà di quello della saccarina. Allo stesso modo della saccarina però ha un retrogusto amaro.

Spesso l'acesulfame K è utilizzato insieme ad altri edulcoranti, solitamente il sucralosio e l'aspartame per imitare al meglio il sapore dello zucchero e nascondere il retrogusto amaro.

A differenza dell'aspartame, l'acesulfame k è resistente al calore, anche in ambienti moderatamente acidi o basici, il che lo rende particolarmente adatto per prodotti di pasticceria o a lunga conservazione, oltre che nelle bibite gassate.

Dosi consigliate: 0-9 mg/kg di peso corporeo

Rischi per la salute: L' Acesulfame K non è metabolizzato dall'uomo. Per investigare circa le possibili trasformazioni metaboliche è stato impiegato Acesulfame K contenente carbonio marcato (isotopo 14), somministrato a ratti, cani e suini. Gli studi non hanno rivelato nessun metabolismo, per cui lo stesso esperimento è stato ripetuto su uomini volontari; in entrambi i casi l'Acesulfame K veniva escreto intatto. Dato che questo edulcorante artificiale non viene metabolizzato, ad esso non si attribuisce alcun apporto calorico e nessuna influenza sulla glicemia. Studi farmacocinetici effettuati sempre su ratti, cani, suini e uomini volontari hanno evidenziato che Acesulfame K viene assorbito velocemente ed escreto con le urine; non viene inoltre accumulato nei tessuti (e' fortemente insolubile nei grassi), nemmeno dopo assunzioni ad alte dosi. Infine non è metabolizzato dai batteri responsabili della formazione delle carie ed è quindi acariogeno.

I sospetti di cancerogenità sono attribuibili al cloruro di metilene c in esso contenuto, alcuni esperimenti su cavie alimentate con altissime dosi di acesulfame diedero report positivi, ma ad oggi, dopo oltre 100 studi è stata  smentita definitivamente la cancerogenicità di questo dolcificante.

La FDA ha approvato la sua commercializzazione nel 1988.
ASPARTAME


E' indubbiamente il dolcificante più diffuso e più conosciuto. Anch'esso, forse per l'assonanza col catrame è molto temuto.

Informazioni generali: È composto da due amminoacidi, l'acido aspartico e la fenilalanina (che è addirittura un amminoacido essenziale). L'estremità carbossilica della fenilalanina è esterificata con il metanolo. Le composizioni percentuali sono le seguenti: acido aspartico (40%), fenilalanina (50%), metanolo (10%).

Sia il mio docente di biochimica delle scuole superiori che il mio docente di chimica organica all'università, mi hanno rassicurato sulla non patogenicità di questo dolcificante proprio per la sua composizione a base di amminoacidi. Quando viene digerito l'aspartame si scompone immediatamente nei suoi due amminoacidi che vengono facilmente assimilati dal nostro organismo e utilizzati in vari modi. L'unica componente “brutta” di questa molecola è il metanolo, che risulta tossico per il nostro organismo ad alte concentrazioni. Ma accumulare alte concentrazioni di metanolo assumendo le dosi raccomandate di aspartame è praticamente impossibile.

Pur avendo la stessa quantità di calorie dello zucchero il suo potere dolcificante è circa 200 volte maggiore, motivo per cui ne sono necessarie piccole quantità per dolcificare cibi e bevande. Per questo l'aspartame, come altri prodotti dolcificanti come il ciclamato e la saccarina, è utile a chi soffre di diabete e per le persone che vogliono ridurre l'apporto di calorie nella dieta.

Le persone che soffrono di fenilchetonuria, che hanno cioè difficoltà nell'assimilare la fenilalanina, devono controllare l'assunzione di aspartame in quanto fonte di fenilalanina.

Dosi massime consigliate: 40 mg/kg di peso corporeo

Rischi per la salute: Diversi studi sull'aspartame in animali da laboratorio hanno evidenziato la comparsa di tumori a seguito dell'assunzione orale di questo dolcificante, ma nessuno studio ha dimostrato un rapporto causa-effetto tra questi fenomeni, né ha potuto definire il meccanismo d'azione di una eventuale tossicità.Tra le ipotesi più accreditate c'è quella per cui la tossicità dell'aspartame sia dovuta alla liberazione nell'organismo del metanolo, (Il metanolo viene liberato gradualmente nel piccolo intestino quando il gruppo metilico dell'aspartame incontra l'enzima chimotripsina),una sostanza nota per avere effetti tossici, e in particolare perché causa cecità. Anche il meccanismo d'azione tossica del metanolo non è del tutto chiarito, si ipotizza che non svolga un'azione diretta, ma che la tossicità sia dovuta alla sua trasformazione in formaldeide ed in acido formico. Il metanolo è tuttavia contenuto in molti alimenti, in particolare frutta ricca in pectine, come le mele, ma sembra che la presenza in questi alimenti di etanolo ne contrasti la tossicità, forse diminuendone l'assorbimento.

Il dibattito sull'uso di aspartame negli alimenti si è riacceso nel 2005 con la pubblicazione di uno studio promosso dalla California Environmental Protection Agency, che ha evidenziato un aumento dell'incidenza di linfomi e leucemie nei topi femmina a seguito di assunzione di bassi dosaggi di aspartame.

L'EFSA si è espressa e continua a esprimersi positivamente su questo dolcificante. Nel 2007 la Fondazione Europea Ramazzini (ERF) di Bologna, in Italia, ha pubblicato i risultati di un nuovo studio sulla carcinogenicità dell'aspartame nei ratti. A gennaio del 2009 il gruppo di esperti scientifici ANS dell'EFSA ha adottato un parere scientifico vertente su tale studio. Il gruppo ANS ha poi aggiornato il proprio parerea marzo 2009, tenendo conto dei dati trasmessi dalla Fondazione Ramazzini a febbraio del 2009. Il gruppo di esperti ha concluso che, sulla base di tutte le evidenze disponibili in quel momento, compreso lo studio ERF pubblicato nel 2007, non si riscontrava alcuna indicazione di potenziale genotossicità o carcinogenicità dell’aspartame e non si ravvisava alcun motivo per rivedere la dose giornaliera ammissibile per l’aspartame di 40 mg/Kg peso corporeo, già stabilita. Un parere scientifico precedente, era stato emesso dal disciolto gruppo di esperti AFC dell’EFSA nel 2006, a seguito della pubblicazione del primo studio sull’aspartame da parte della Fondazione Ramazzini.

Nel 2010 sono stati pubblicati due studi sui possibili rischi per la salute associati al consumo di dolcificanti artificiali, ovvero uno studio sulla carcinogenicità nei topi esposti all’aspartame mediante alimentazione, condotto dalla FER, e uno studio epidemiologico sull’associazione tra assunzione di bevande analcoliche dolcificate artificialmente e accresciuta incidenza di parti prematuri. In una dichiarazione del febbraio 2011, l’EFSA concludeva che i due studi non costituiscono motivo per riconsiderare le precedenti valutazioni sulla sicurezza dell’aspartame o di altri dolcificanti attualmente autorizzati nell’Unione europea.

Sono ancora in corso studi sull'effettiva sicurezza di questa sostanza, soprattutto in merito alla presenza di metanolo.




SACCARINA



Per l'assonanza col saccarosio è  il dolcificante probabilmente meno tenuto...eppure è quello con maggiori prove a favore della sua cancerogenità e quello da cui consiglierei spassionatamente di tenervi alla larga.

Informazioni generali: La saccarina ha un potere dolcificante circa 300 (secondo altre fonti: 500) volte superiore a quello del saccarosio, ma presenta un retrogusto amaro o metallico generalmente considerato sgradevole, specialmente ad alte concentrazioni: tale effetto tuttavia è marcato più o meno a seconda della sensibilità personale del consumatore. A differenza di composti analoghi di sintesi più recenti (ad es. l'aspartame), la saccarina è stabile al calore anche in ambiente acido, è inerte rispetto agli altri ingredienti alimentari e non dà problemi di conservazione.

Viene utilizzata spesso in associazione col ciclamato e/o aspartame per correggerne il retrogusto amaro.

In forma acida, la saccarina non è molto solubile in acqua; come dolcificante artificiale viene pertanto utilizzato di norma il suo sale sodico. Più raramente, in particolare da parte di chi segue una dieta povera di sodio, si ricorre al sale di calcio.

Dosi consigliate: 2.5 mg/Kg di peso corporeo

Rischi per la salute: La saccarina non è una molecola totalmente inerte. Alcuni studi pubblicati negli anni '70 hanno evidenziato che essa interferisce con alcune proprietà enzimatiche della glucosio-6-fosfatasi, l'enzima che scinde il glucosio-6-fosfato per immettere glucosio libero nel torrente sanguigno e mantenere l'omeostasi glicemica. Da un lato questo potrebbe sembrare pericoloso; tuttavia, questa proprietà potrebbe risultate utile alle persone affette da diabete mellito con iperglicemia resistente al trattamento insulinico.

Anche se l'ipotesi originale ammette che potrebbero esserci difficoltà che la saccarina possa inibire l'enzima in vivo in modo significativo, come riportato dallo studio suddetto, se ciò si verificasse si invertirebbe la tendenza di un fegato diabetico a rilasciare eccessive quantità di glucosio nel sangue, specie nelle condizioni di insulino-resistenza. È da sottolineare che questa ipotesi non è stata mai confermata e che non sono note interazioni di sorta tra l'insulina e la saccarina nell'uomo.

È anche vero, però, che uno studio postumo ha dimostrato che la saccarina ha effetto anti-iperglicemizzante nei topi obesi geneticamente modificati per malfunzionamento dell'ormone leptina (ob/ob). Tale effetto non è stato studiato in dettaglio, ma è sicuro essere indipendente dall'insulina.

Esiste un secondo effetto biologico che la saccarina sodica è riportato esercitare sulle cellule adipose (adipociti) e cioè quello di inibire l'attività di alcune forme di adenilato ciclasi, enzima che sintetizza il secondo messaggero AMP ciclico. L'effetto è stato riportato su adipociti di ratti trattati per 14 giorni con una concentrazione alimentare del 2.5 o del 5%, ma non si verificava su preparazioni di cellule tiroidee, cardiache o cerebrali. Solo le alte dosi di saccarina (5%) condizionavano la crescita corporea e l'introito di cibo. Le dosi del 2.5%, invece, stimolavano l'attività enzimatica su adipociti isolati. Questo potrebbe indicare che esiste una isoforma dell'enzima adenilato ciclasi che è sensibile agli effetti molecolari della saccarina soltanto in specifici tessuti.

Fin dalla sua introduzione la saccarina è stata al centro di preoccupazioni sulla sua potenziale nocività. Durante gli anni sessanta diversi studi hanno suggerito che la saccarina fosse un cancerogeno per gli animali. L'allarme tocca il livello massimo nel 1977, dopo la pubblicazione di uno studio in cui si rileva un aumento dei casi di cancro alla vescica nei ratti alimentati con alte dosi di saccarina. Quell'anno la saccarina viene vietata in Canada. Negli Stati Uniti la Food and Drug Administration (FDA) propone un bando, ma si scontra con l'opposizione dell'opinione pubblica, in special modo dei malati di diabete, per i quali all'epoca non esistevano dolcificanti alternativi. Si trova un compromesso nell'obbligo di indicare i potenziali pericoli della saccarina sulle etichette dei prodotti che la contengono.

Da allora molti studi sono stati condotti sulla saccarina, con risultati controversi; lo studio del 1977 è stato criticato per via delle altissime dosi di saccarina date ai ratti, un valore ritenuto assolutamente irrealistico per un normale consumatore. La saccarina, infatti, si comporta come sostanza cancerogena se ingerita nella quantità di 4 g/kg in dose unica mentre le concentrazioni di tale dolcificante negli alimenti è nell'ordine dei milligrammi. Finora nessuno studio ha evidenziato pericoli per l'uomo, alle dosi normalmente utilizzate.

Dopo 14 anni, nel 1991, la FDA ha ufficialmente ritirato la proposta di bando.




SUCRALOSIO




In america il suo nome commerciale è "Splenda" ed è diffusissimo. Come recita il suo sponsor "ha lo stesso sapore dello zucchero perché fatto con lo zucchero" Effettivamente è ottenuto per clorurazione selettiva dello zucchero, ovvero mediante la sostituzione selettiva di tre dei gruppi idrossilici dello zucchero da cucina (saccarosio) con altrettanti atomi di cloro, producendo così una molecola del tutto simile allo zucchero ma che non viene riconosciuta dagli enzimi responsabili del metabolismo del saccarosio e quindi indigeribile.

Informazioni generali: È 320–1000 volte più dolce del saccarosio, cioè all'incirca il doppio più dolce della saccarina e quattro volte più dolce dell'aspartame. A differenza dell'aspartame questo composto è termostabile (non si degrada col calore) ed insensibile ad un ampio range di pH. Può quindi essere usato per i dolci da forno o in prodotti che richiedono di conservarsi a lungo.

Dosi raccomandate: 9 mg/kg del peso corporeo

Rischi per la salute: Per determinare la sicurezza del sucralosio, il FDA ha fatto riferimento a dati provenienti da più di 110 studi su uomini e animali. Molti di questi studi erano mirati a identificare possibili effetti tossici tra cui la carcinogenicità, danni all'apparato riproduttivo e al sistema nervoso. Nessuno di tali effetti è stato riscontrato sull'uomo, e l'approvazione da parte del FDA si basa sull'accertamento che il sucralosio è adatto al consumo umano.

Dubbi sulla sicurezza del consumo di sucralosio sono stati sollevati a proposito di presunti effetti sul timo, una ghiandola molto importante per il sistema immunitario. Una relazione del NICNAS cita due studi sui ratti, entrambi i quali rilevavano "una significativa diminuzione del peso del timo" a certe dosi. I dosaggi di sucralosio, riportati nella relazione del NICNAS, che provocano danni al timo sono 3000 mg/kg bw/giorno per 28 giorni. Per un uomo di 80 kg, ciò significa l'assunzione per 28 giorni di 240 grammi di sucralosio, equivalenti a più di 20000 bustine al giorno per circa un mese. La dose richiesta per causare qualunque risposta immunitaria è di 750 mg/kg bw/giorno,o 60 grammi di sucralosio al giorno, più di 5000 bustine di Splenda al giorno (ci sono 11.9 mg di sucralosio in 1g di Splenda al dettaglio). Questi studi sono stati presi in considerazione dagli organismi di controllo prima di concludere che il sucralosio sia sicuro.

Gli atomi di cloro sono legati al carbonio covalentemente nella molecola di sucralosio, rendendola un clorocarburo. Molti clorocarburi sono tossici; tuttavia, il sucralosio è differente perché è estremamente insolubile nei grassi e non si accumula nei lipidi come molti degli idrocarburi clorurati. Inoltre, il sucralosio non si scinde o declorura.

Il grosso del sucralosio ingerito non supera il tratto gastrointestinale ed è direttamente espulso con le feci mentre solo il 11-27% viene assorbito. La quantità assorbita viene in larga parte rimossa dal circolo sanguigno dai reni ed espulso con le urine. Il sucralosio è sicuro per l'utilizzo come ingrediente alimentare da parte di tutta la popolazione, compresi bambini, donne in gravidanza o in allattamento. È anche adatto per persone affette da diabete, in quanto non influenza i livelli di glicemia o di insulinemia.

Bene...questo è tutto ciò che ho trovato di primo acchito su internet. Spingendo la ricerca più in là, soprattutto in forum specializzati, mi sono imbattuta in tante pubblicazioni che reclamano pericoli per la salute.

Lo splenda è prodotto da una delle più grandi multinazionali a livello mondiale(Johnson & Johnson), non ci vuole un genio per capire che la maggior parte delle voci che circolano su questo dolcificante sono altamente manipolate e create ad arte dai legali dell'azienda. Sembra che siano stati acquistati centinaia di domini web destinati a esaltare le doti di questo prodotto e smentirne gli effetti collaterali. Senza contare che buona parte delle ricerche condotte sullo splenda sono state finanziate dalla stessa multinazionale che lo produce e da scienziati sotto suo libro paga.

Di chi fidarsi? Difficile capire in che proporzione siano le pubblicazioni reali e le pubblicazioni “manipolate”. L'approccio migliore, per lo splenda, come per tutti gli altri dolcificanti artificiali è il principio di precauzione. Usarli con prudenza, nelle minor dosi possibili e il meno spesso possibile con la consapevolezza che non sarà un dolcificante ad ammazzarci, ma sicuramente non ci fa nemmeno bene.
MALTITOLO E ISOMALTO



Informazioni generali: L'isomalto è un sostituto naturale dello zucchero, un alditolo principalmente usato per le sue caratteristiche fisiche simili a quelle dello zucchero.

Ha un piccolo impatto sui livelli di glucosio nel sangue e non porta alla formazione di carie dentali. Fornisce 2kcal/g, la metà di quelle dello zucchero. . L'isomalto è generalmente combinato con sostanze ad alto potere dolcificante, come il sucralosio in maniera tale da ottenere una miscela con approssimativamente la dolcezza dello zucchero.

È una sostanza cristallina, bianca e inodore, contenente all'incirca il 5% di acqua di cristallizzazione. L'isomalto non ha l'indesiderato "effetto di raffreddamento" (cooling effect) proprio di altri zuccheri alcolici, in particolare lo xilitolo e l'eritriolo. L'isomalto è inusuale in quanto è uno zucchero alcolico prodotto dalle barbabietole.

L'isomalto è prodotto in un processo a due fasi in cui lo zucchero è prima trasformato in isomaltosio, un disaccaride riducente (6-O-α-D-glucopiranosido-D-fruttosio). L'isomaltosio è poi idrogenato usando un convertitore catalitico metallico. Il prodotto finale è una composizione equimolare di 6-O-α-D-glucopiranosio-D-sorbitolo (1,6-GPS) e 1-O-α-D-glucopiranosio-D-mannitolo-diidrato (1,1-GPM-diidrato).

Il maltitolo ha il 75% della dolcezza del saccarosio ed è utilizzato in particolare nel cioccolato, nei chewing gum e nelle caramelle e anche in alcuni prodotti cosmetici e farmaceutici.

Il potere calorico del maltitolo è pari a circa il 60% rispetto agli zuccheri convenzionali: secondo i dati della EC Nutrition and Labeling Directive, un grammo di maltitolo corrisponde a circa 2.4 kCal rispetto alle 4.0 kCal di un grammo di saccarosio. Lo sciroppo di maltitolo ha invece circa 3 kCal/g. Questa sua proprietà è particolarmente apprezzata nei casi in cui è necessario controllare l’apporto energetico, come nei soggetti obesi o in sovrappeso. Il maltitolo ha un indice glicemico pari al 53% di quello del saccarosio anche se più elevato di quello del fruttosio che è circa del 20%. Per questa sua caratteristica, dal punto di vista medico-sanitario il maltitolo, come altri dolcificanti calorici alternativi, è più adatto del saccarosio per i soggetti diabetici in quanto il suo metabolismo è insulino-indipendente ed ha un indice insulinemico di circa il 75%. Questo significa che il suo impiego ha un effetto inferiore, rispetto al saccarosio, sui livelli di insulina nel sangue.

Dosi consigliate: Per l' isomalto in dosi inferiori a 50g al giorno per gli adulti e 25g per i bambini, il maltitolo in dosi inferiori a 50 -70 g al giorno.

Rischi per la salute: Per entrambi questi edulcoranti il rischio maggiore è da ricondursi allo scarso assorbimento a livello gastrico e quindi, un consumo elevato di questa sostanze può portare ad un’accelerazione del transito intestinale fino ad avere effetti lassativi. La tolleranza è individuale e dipende dalla frequenza con cui viene assunto e dalla dose ingerita.

Sono stati effettuati studi si tossicità acuta e sub cronica, mutagenesi e studi di tolleranza con prodotti contenenti il 50-90 % di maltitolo. I dati metabolici indicano che il maltitolo è metabolizzato, lentamente ma completamente, a glucosio e saccarosio nel ratto e nell’uomo, soprattutto dalla maltasi presente nella microflora intestinale. I dati ottenuti nell’uomo indicano che l’assorbimento varia dal 5 all’80%, a seconda dei modelli utilizzati per lo studio, e che la quantità di maltitolo come tale presente nelle urine è inferiore allo 0.05% della dose somministrata.

Non ho trovato nessuna informazione su rischi per la salute inerenti l'isomalto, ma in compenso, tante caratteristiche positive.

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Ma c'è un secondo aspetto dei dolcificanti di cui vorrei discutere: La loro effettiva efficacia nell'ambito di una dieta ipocolarica in sostituzione dello zucchero.

Mentre svolgevo le prime ricerche per questo articolo mi sono imbattuta in una pubblicazione dal titolo altisonante: “Gain weight by going diet?” Artificial sweetners and the neurobiology of sugar cravings” ovvero “Ingrassare mettendosi a dieta? Dolcificanti artificiali e neurobiologia delle voglie di zucchero

Perbacco! Si può rischiare di ingrassare assumendo un qualcosa di teoricamente acalorico? In realtà l'associazione non è diretta. Non sono i dolcificanti da soli che possono farci ingrassare, ma tutta la serie di reazioni metaboliche, endocrine e psicofisiche che scatenano e di cui non ci rendiamo conto consciamente. Il tutto si riassume col concetto che se noi insistiamo con l'ingannare il nostro organismo somministrandogli qualcosa di dolce che però non apporta le calorie, il corpo chiederà quelle calorie che non ha ricevuto in molti altri modi, aumentando il nostro senso di fame e la nostra voglia di zuccheri, innescando un feedback difficile da combattere: Più avremo voglia di zucchero, più assumeremo dolcificanti, più assumeremo dolcificanti, più avremo voglia di zucchero: L'abbuffata di gelato e biscotti è dietro l'angolo.

Un buon esempio è come al solito la popolazione americana: Dispone da almeno 30 anni di una vastissima varietà di prodotti sugarfree (e anche al 0% di grassi, ma questo è un'altro discorso) eppure il tasso di obesità è continuamente in crescita.

Ma approfondiamo un po' i contenuti di questa ricerca, che potete trovare in versione integrale, in inglese qui:

Si parte col considerare che in questi ultimi anni lo zucchero e gli altri dolcificanti calorici (fruttosio e sciroppo di mais) sono i principali “indagati” per quanto riguarda l'epidemia di obesità che sta prendendo piede nel mondo intero. Tuttavia, per quanto l'industria alimentare si stia dando da fare per creare sempre più linee di alimenti sugarfree, il tasso di obesità continua a salire.

Ci si è quindi posta la domanda: Ma i dolcificanti artificiali possono realmente aiutare a ridurre il peso?

Gli studi epidemiologici dicono di no. Anzi, parecchi studi prospettici e di coorte hanno trovato una correlazione positiva tra consumo di alimenti dolcificati artificialmente e aumento di peso.

Un primo studio ha esaminato 3682 adulti per 7/8 anni nel corso degli anni '80.

Confrontati per BMI, genere, etnia e tipo di dieta, i consumatori abituali di bevande dolcificate artificialmente, possedevano un BMI maggiore rispetto ai controlli che non facevano uso di bevande dolcificate.

Un'altro studio ha preso in considerazione 78694 donne che avevano in comune età, etnia e stato socio economico. Dopo un anno di “follow-up” il 7,1% delle consumatrici abituali di dolcificanti avevano aumentato il loro peso corporeo di circa 2 pounds , rispetto alle non consumatrici che avevano mantenuto il loro peso costante.

Uno studio simile e con risultati analoghi è stato condotto focalizzandosi sull'uso del dolcificante “saccarina” e sui bambini.

Altri studi hanno dimostrato che i dolcificanti presi da soli non sono utili per ridurre il peso e che il BMI non decresce nemmeno dopo 25 settimane di sostituzione di tutte le bevande zuccherate con bevande dolcificate (studio condotto su 103 adolescenti consumatori abituali di bevande zuccherate presi a random).

E' stato condotto inoltre uno studio volto a capire se fossero i dolcificanti a indurre direttamente l'aumento di peso o meno: A 2 gruppi di 55 soggetti sovrappeso sono state somministrate capsule di aspartame e di placebo (a un gruppo l'aspartame, all'altro il placebo) nell'ambito di una dieta ipocalorica da 1000 kcal. Entrambi i gruppi hanno perso peso per via della dieta ipocalorica senza differenze significative tra un gruppo e l'altro.

Si evince che i dolcificanti artificiali non sono i diretti responsabili dell'aumento di peso, ma coinvolgono reazioni secondarie che inducono il soggetto a sovralimentarsi se non limitato da un regime alimentare controllato.

E' stato scoperto che il sapore dolce, che sia indotto da zucchero o dolcificanti, aumenta l'appetito. Acqua dolcificata con aspartame, ma non capsule di aspartame (insapori) hanno indotto un significativo aumento dell'appetito in esperimenti con soggetti umani adulti. L'aspartame aumenta la sensazione della fame anche in misura maggiore dello zucchero.

In un esperimento, l'assunzione di bevande dolcificate con aspartame, acesulfame K e saccarina è stata associata ad una aumentata voglia di mangiare e, presentando una lista di alimenti in cui scegliere i “preferiti”, soggetti che avevano assunto la bevanda dolcificata ne sceglievano molti di più rispetto quelli che non l'avevano assunta.

L'aspartame è il dolcificante che presenta effetti più spiccati.

Esperimenti con ratti condizionati con saccarina dimostrano un significativo aumento di appetito nell'animale e conseguente aumento di peso e di adiposità in comparazione con ratti condizionati con glucosio.

La mancanza di accoppiamento tra sapore dolce e assunzione calorica porta a un meccanismo compensatorio di sovralimentazione e bilancio energetico positivo.

Per capire questo meccanismo è necessario chiarire quali sono i meccanismi neurali che inducono la “voglia di mangiare”. Le “ricompense alimentari” condividono gli stessi circuiti cerebrali delle altre attività considerate piacevoli, come il sesso e l'assunzione di droghe. Condivide anche gli stessi meccanismi di “dipendenza” delle droghe (abbuffate, astinenza, “voglie”...). Un periodio di astinenza interrotto provoca un'enorme consumo di saccarosio in ratti, un atteggiamento molto simile alle “abbuffate” degli esseri umani.

Le ricompense alimentari hanno due componenti: Una sensoriale e una post-ingestione. Negli umani la componente sensoriale è recepita dalle papille gustative e viene trasmessa a varie aree cerebrali tra cui il talamo e l'amigdala. Crea un messaggio del tipo " Sento del dolce, vuol dire che stai mangiando: attivo i processi digestivi."

La componente post-ingestione dipende dai prodotti metabolici del cibo e contribuisce a dare il senso di sazietà spegnendo i circuiti della fame. La mancanza di contenuto calorico in un alimento considerato dolce, però, non attiva questa componente, mantenendo accesi i circuiti della fame.

Si può dire quindi che il gusto dolce, disaccoppiato al contenuto calorico consente una parziale attivazione del pathways delle ricompense alimentari. L'attivazione della componente sensoriale, singolarmente aumenta la sensazione di appetito.

In secondo luogo, i dolcificanti, proprio perchè sono dolci incoraggiano la voglia di zucchero e la zucchero-dipendenza. Persone abituate a ingerire sostanze dolci generalmente mostrano una sempre maggior motivazione a consumare questo tipo di alimenti, allo stesso modo in cui i drogati consumano sempre dosi maggiori di droga.

L'unico modo per interrompere questa dipendenza è interrompere in senso stretto il consumo di alimenti dolci, sostituirli con alimenti dolcificati non farebbe altro che peggiorare la situazione. E' dimostrato che eliminando gradualmente lo zucchero e i dolci dalla dieta porta a un sempre minor bisogno e “voglia” di questo tipo di alimenti, con grandi benefici per la linea.

Per riassumere il tutto, i consumatori abituali di dolcificanti, alla lunga ingrassavano perchè costantemente invogliati a consumare alimenti dolci. L'aumento di peso non è quindi correlato all'uso del dolcificante in sé, ma dagli alimenti che i soggetti ingerivano per compensare le “voglie” innescate dalla componente sensoriale attivata non compensata dalla corretta risposta post-ingestione.

Dal punto di vista del nostro corpo è “Mi hai dato qualcosa di dolce, ma non ho i dati giusti che mi consentono di spegnere il segnale di “fame “ quindi ho ancora fame, dammi qualcos'altro per farmi spegnere 'sto segnale”


CONSIDERAZIONI FINALI

Dalle varie ricerche si evince che alle dosi consigliate non esistono rischi per la salute direttamente correlati all'uso dei dolcificanti. Bisogna considerare però che gran parte delle ricerche possono essere “di parte”, finanziate dalle stesse aziende che producono il dolcificante in questione e/o svolte da ricercatori a loro libro paga. E' quindi impossibile per noi consumatori sapere come stanno veramente le cose.

Tutto questo dovrebbe bastare per farvi capire che, di dolcificanti, meno se ne assumono meglio è. Personalmente se dovessi scegliere se consumare una lattina di coca-cola normale o una light, essendo una consumatrice altamente sporadica (meno di una a settimana), prenderei la light per evitare di assumere calorie vuote di cui non sono per niente amante e per non favorire la formazione di carie, che mi terrorizza. I consumatori abituali di coca-cola, se volessero migliorare il loro stato di salute e il loro profilo glicemico non avrebbero che ridurre le dosi se non azzerarle, in quanto sostituirla con una bevanda dolcificata, consumata GIORNALMENTE a cui andrebbero addizionati i vari chewingum, caramelle, dentifrici, farmaci, integratori contenenti dolcificanti, indurrebbe una sovraesposizione che alla lunga potrebbe diventare nociva.

Sarebbe bellissimo trovare in commercio bevande e caramelle dolcificate solo con xilitolo o isomalto, polialcoli a rischio praticamente nullo per la salute, ma ahimè questi dolcificanti da soli non vengono mai usati, ma sempre in combinazione con aspartame o saccarina.

Oltre al rischio per la salute poi vanno considerati tutti gli effetti metabolici e psicofisici. Al nostro corpo non piace essere ingannato: Se in un dato momento della giornata sentiamo il bisogno di un dato alimento è perchè probabilmente in quel momento ABBIAMO BISOGNO di quell'alimento. Non mangiarlo o sostituirlo con qualcos'altro non soddisferà i bisogni del nostro corpo, che continuerà a chiederci quella sostanza sempre con maggior tenacia e a volte con risvolti spiacevoli (vedi abbuffate).

Per quanto a volte ci sembri stupido, crudele, ingannevole, il nostro corpo sano è una macchina quasi perfetta: In alcune occasioni necessita di un certo tipo di carburante piuttosto che di un altro ed è tutto perfettamente normale; Le “voglie” di un particolare alimento non sono casuali.

Donne! Vi siete mai chieste perchè durante il ciclo vi sbranereste chili di cioccolato e dolci? E' molto semplice: Durante il ciclo (e durante il premestruo) il nostro fabbisogno di magnesio è altamente aumentato, il cioccolato è ricchissimo di questo prezioso minerale e il nostro corpo, che non è stupido, ce lo chiede! Per quanto riguarda i dolci e i carboidrati in genere è attribuibile al grande bisogno di calorie che il nostro corpo ha per poter ricostruire il sangue perso col mestruo (ogni giorno abbiamo bisogno di circa 200 kcal in più del nostro fabbisogno “standard”).

[caption id="attachment_206" align="aligncenter" width="257" caption="Scusate ma questa immagine mi è sembrata pertinente ma soprattutto irresistibile :)"][/caption]


Sto andando un po' fuori tema, torniamo nei ranghi e concludiamo una volta per tutte: Caramelle, chewingum, bibite occasionali vanno benissimo dolcificate: Non introducete calorie vuote e eliminate il rischio carie. Ma se avete fame, se dovete fare uno spuntino e nell'ambito delle vostre abitudini quotidiane state lontani dai dolcificanti: Se avete fame vi faranno venire ancora più fame e per quanto siano stati giudicati sicuri è sempre meglio usare il principio di precauzione “Non è vero che fanno male, ma ci credo”

Scusate la lunghezza di questo articolo, ma volevo essere il più esaustiva possibile. Spero lo possiate trovare utile.

Stay beautyhealthful!

kudelka

3 commenti:

  1. Grazie mille per questo articolo :) sei come al solito super esaustiva e utilissima ^_^

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  2. Questo articolo è un'illuminazione :) Grazie per le chiarezze che ci fornisci ;)

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  3. Gran bell'articolo,complimenti!
    "Fernando"

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